Nutrire il mondo senza distruggere il pianeta? È possibile
Il nostro attuale modello economico e di consumo è assolutamente incompatibile con le necessità di sostenibilità ambientale del pianeta.
Sono diversi i dati che confermano questa triste ma più che mai attuale realtà. Esplorare la mappa del Global Footprint Network è un’esperienza davvero inquietante per chiunque abbia minimamente a cuore questi problemi.
Ogni anno, l’Earth Overshoot Day viene raggiunto con crescente anticipo. È un giorno simbolico, calcolato anno per anno, che segna il momento esatto in cui l’uomo esaurisce le risorse del pianeta disponibili per l’anno in analisi.
Nel 2019, è stato raggiunto il 29 Luglio, 3 giorni prima rispetto al 2018.
Questo vuol dire che dal 29 Luglio in avanti, abbiamo “rubato” risorse all’anno successivo. E questo si somma con il debito ambientale accumulato in tutti gli anni precedenti, ovviamente.
È chiaro che, oltre ad accumulare danni ambientali, tutto ciò si scaricherà prima o poi con violenza anche sul nostro stile di vita.
Uno studio pubblicato a Gennaio 2020 dalla Potsdam Institute for Climate Impact Research tenta di gettare una nuova e positiva luce sulla faccenda.
“Se guardiamo all’attuale stato del pianeta Terra e all’influenza delle pratiche agroalimentari” argomenta il professor Dieter Gerten, a capo di questo studio, “c’è molto di cui preoccuparsi, ma c’è anche molta speranza. La produzione di cibo moderna si basa completamente sul poter superare i limiti ambientali imposti dal pianeta. Usiamo troppa terra per gli allevamenti, fertilizziamo troppo i terreni e irrighiamo troppo estensivamente. Per poter avere un futuro, dobbiamo ripensare la produzione alimentare. Il modello che abbiamo ideato può provvedere alle esigenze alimentari di 10 miliardi di persone, senza intaccare negativamente l’ecosistema”.
Il modello, ovviamente, non è una dolce transizione da una modalità all’altra, ma prevede cambiamenti radicali.
Una conclusione interessante è sull’utilizzo di acqua è fertilizzanti. Il gruppo di studio ha rilevato che in alcune aree del mondo, questi elementi sono usati troppo estensivamente, e la produzione va ripensata con integrazioni tecnologiche attuali. Questo limiterebbe senz’altro la produzione in alcune regioni, ma la renderebbe assolutamente fertile in altre: basti pensare all‘Africa Sub-Sahariana, dove un’efficiente gestione di acqua e nutrienti permetterebbe la coltivazioni di aree ora desertiche.
Come effetto positivo, l’agricoltura sostenibile agirebbe positivamente sulla resilienza climatica limitando il riscaldamento globale. Purtroppo, l’agricoltura è ancora ben lontana dall’essere sostenibile, e anche questi cambiamenti non la porterebbero su un piano di totale positività con il bilancio ecologico. Lo scambio internazionale rimarrebbe comunque necessario.
Viene richiesta, quindi, anche una variazione alimentare.
Queste variazioni su larga scala sembrano inevitabili, soprattutto in paesi demograficamente in sviluppo come Cina e India, dove il consumo di carne sta proporzionalmente crescendo. Diventa necessario valutare alternative proteiche come legumi e altri e cereali. Le più grandi implicazioni di questo studio sono, infatti, legate alla terra.
“Tutto ciò che riguarda la terra tende a essere complesso e contestato nella pratica, perché la vita delle persone e il loro futuro lavorativo dipende da esso. La transizione a una gestione consapevole delle terre è prima di tutto molto complesso a livello politico. La chiave del successo è legata a mostrare evidenti vantaggi nello sviluppo delle aree interessate, l’outlook del deperimento del pianeta non è sempre uno spauracchio sufficiente.”
FONTE: ScienceDaily.