L'uso delle terre come prevenzione delle pandemie
La pandemia del Covid-19 ha profondamente influenzato la percezione pubblica su molte problematiche.
Il dilemma dell’uso della terra nel campo dell’agricoltura e dell’allevamento (i cosiddetti “paesaggi agricoli“) è sempre stato presente, ma recentemente sono stati portati maggiormente all’attenzione nuovi aspetti.
Un recente studio (Agosto 2020) pubblicato sulla celeberrima rivista Nature da un gruppo di ricerca della University College of London mostra alcuni risultati derivanti dall’analisi dei possibili outbreak di malattie originatesi negli animali, e causati da un sovrasfruttamento dei loro habitat.
La ricerca ha preso in esame prove da quasi 7.000 comunità ecologiche in sei continenti, e ha trovato prove consistenti: gli animali vettori di patogeni potenzialmente compatibili con gli umani sono molto più comuni in aree fortemente sfruttate dalle persone.
“I nostri risultati” spiega Rory Gibb del team di ricerca, “mostrano chiaramente che gli animali che rimangono in ambienti fortemente dominati dall’uomo sono anche quelli che più facilmente diventano vettori per malattie e patogeni a noi potenzialmente pericolosi”.
L’azione di trasformazione della geografia del mondo deriva principalmente dall’uso delle terre per fini agricoli e in particolare per la produzione di cibo. Gestire i paesaggi agricoli diventa quindi una priorità non solo per salvaguardare la biodiversità e la sicurezza della produzione alimentare, ma per fornire un ulteriore scudo alla diffusione di patogeni pericolosi.
La sostenibilità della produzione alimentare acquisisce quindi nuovi fattori di importanza, sempre più legati alla nostra salute.
FONTE: Indipendent.Co.Uk.